FamTech Institute intervista i cofounders di MEEVA

Intervista pubblicata da FamTech Institute: vedi post originale

Meeva è una piattaforma di giochi VR multiplayer che si occupa di accompagnare nel loro percorso educativo ragazze e ragazzi con disturbi del neurosviluppo (quali autismo, ADHD, etc.).

Oggi, a raccontarci la storia di questa realtà magica sono proprio i Co-founders di Meeva: Elio Salvadori (CEO), Marco Dianti (Chief Technical Officer) e Melanie Cristofolini (Chief Clinical Officer).

  • Come e quando è nata l’idea di creare Meeva?

“L’idea di questa applicazione è nata durante il lock down, sono papà di un bambino autistico, diagnosticato da non troppo tempo. Viste le difficoltà di interazione sociale di questi ragazzi – che sono più a rischio di bullismo, isolamento e depressione – ho voluto ideare una piattaforma online con delle attività volte al rafforzamento delle capacità sociali ed emotive dei ragazzi”. E’ così che Elio ha dato vita alla sua idea, al fine di sopperire alla mancanza di terapie in presenza causate dal periodo di pandemia. 

“Ho pensato di unire l’idea di creare degli spazi immersivi tramite la Realtà Virtuale – in cui interagire tramite il proprio avatar digitale – con il desiderio di proporre un’esperienza divertente ed educativa, tenendo presente il target giovane a cui ci rivolgiamo”. Elio ci racconta che è stato proprio grazie alla partecipazione ad un bando promosso da EIT Digital (un’agenzia di finanziamento della Commissione Europea) che l’applicazione ha preso forma. Il progetto “XR4A” ha visto la partecipazione di diversi partner tra cui Fondazione Bruno Kessler, Xenia Reply e l’Institute of Entrepreneurship Development (Grecia). Meeva nasce come spinoff di FBK con l’obiettivo di portare sul mercato la soluzione sviluppata in XR4A.

  • In che modo Meeva può migliorare la qualità di vita di giovani e ragazzi con disturbi del neurosviluppo?

Meeva propone una piattaforma di realtà virtuale (VR – virtual reality) che può essere utilizzata come supporto all’interno di interventi di tipo psicoeducativo per bambini e ragazzi autistici. Di fatto, la VR permette un’esposizione graduale a stimoli sensoriali e ad ambienti o contesti di difficile gestione per questi ragazzi, aiutandoli a gestire meglio il loro livello di ansia nelle situazioni quotidiane e contribuendo quindi a migliorarne la qualità di vita. Inoltre, poiché le attività sono proposte sotto forma di gioco VR multi-player, la piattaforma favorisce l’interazione e collaborazione tra i partecipanti in un ambiente ludico e avvincente, contando al contempo sul supporto di un terapista”. E’ plurima, infatti, la letteratura che dimostra l’efficacia di giochi multiplayer nell’incoraggiare i giocatori con difficoltà relazionali a collaborare tra loro, creando così una sinergia tra questi soggetti che in contesti sociali tradizionali hanno maggiori difficoltà di interazione coi loro pari.

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Immagine tratta da Meeva
  • Che cosa si augura per il futuro di Meeva?

Meeva non intende sostituire le attività di supporto terapeutico in presenza ma ambisce ad integrarsi con queste, offrendo uno strumento addizionale la cui efficacia è sostenuta dalla letteratura scientifica. Inoltre potendo essere utilizzata sia in presenza che da remoto, essa permette ai Centri di riuscire a raggiungere più facilmente e con maggiore continuità quei ragazzi che vivono piú distanti e le cui famiglie devono affrontare lunghi viaggi per poter accedere a questi percorsi. Grazie all’utilizzo di un visore VR, parte di queste attività possono essere svolte a casa, aumentando quindi il numero di coloro che ne potrebbero beneficiare”. In Italia come nel resto d’Europa, i centri specializzati in specifiche terapie sono poco numerosi, creando un forte divario tra chi vive nelle loro vicinanze e chi no. “Ci auguriamo inoltre che la piattaforma di Meeva, grazie ad un linguaggio comune ai ragazzi come quello dei videogiochi, possa essere utilizzato in progetti sperimentali inclusivi che favoriscano la socialità tra questi ragazzi ed i loro pari neurotipici”

  • Che cosa significa essere la Chief Clinical Officer di Meeva?

Il mio ruolo è quello di svolgere una supervisione clinica. Sono una terapista e mi occupo della definizione degli obiettivi e dell’individuazione del setting più adatto ai ragazzi a cui è rivolta questa piattaforma”. Il contributo maggiore di Melanie è stato proprio quello di analizzare i setting di realtà virtuale che avessero un impatto positivo su bambini/adolescenti autistici. Inoltre, Melanie ci ha raccontato come siano state condotte due diverse sperimentazioni nello scorso anno, nelle quali sono state utilizzate schede osservative e di strumenti standardizzati (SCQ), grazie ai quali andare a osservare le esperienze e i miglioramenti avuti dai partecipanti.  Inoltre, grazie alla rilevazione di dati biometrici, tramite l’impiego di appositi braccialetti, i risultati ottenuti hanno permesso di capire quale fosse la risposta fisiologica dei ragazzi all’interno dell’ambiente virtuale.

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Immagine tratta da Meeva
  • Quale branca della psicologia si adatta meglio ed è più efficace con i giovani e ragazzi con disturbi del neurosviluppo e quale disciplina psicologica è stata utilizzata in Meeva?

L’area di ricerca è quella della psicologia dello sviluppo caratterizzata da due piani che si intersecano, da un lato la psicologia clinica e dall’altro le neuroscienze. Noi lavoriamo con bambini e adolescenti con disturbi dello spettro autistico che, proprio come suggerisce il nome,  presentano livelli di funzionamento e caratteristiche molto diverse l’uno dall’altro. Per tale ragione, costruiamo un piano d’intervento tenendo conto di tali differenze e individualizzati sul singolo. La piattaforma che noi di Meeva proponiamo si pone l’obiettivo di lasciare al terapista la possibilità di personalizzare l’avventura virtuale sulla base del bambino o ragazzo a cui viene proposta”.

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Immagine tratta da Meeva

Per passare poi al lato tecnologico che si nasconde dietro questa applicazione di realtà virtuale è stato interessante conoscere il punto di vista di Marco Dianti, il Chief Technical Officer di Meeva, che si è occupato della parte tecnica e di programmazione.

  • Quale potrebbe essere un esempio di realtà virtuale che un ragazzo può sperimentare tramite Meeva?

L’organizzazione di una sessione tipica si svolge in 3 passi: il terapista programma una sessione in grado di coinvolgere fino a 4 ragazzi; all’ora stabilita, i ragazzi indossano il proprio visore VR e un braccialetto che rileva la pulsazione cardiaca. Grazie al loro avatar digitale si immergono poi in un’avventura di fantasia in cui agiscono come un team di esploratori spaziali per affrontare sfide che rafforzano le loro abilità di cooperazione, esercitando al contempo le loro funzioni esecutive (quali attenzione selettiva e inibizione). Il team ha come missione quella di recuperare un materiale prezioso presente su un pianeta remoto utile per salvare gli esseri umani dal rischio di estinzione”. Marco ci racconta che nella versione attuale l’avventura si svolge tramite una serie di mini-giochi tra i quali una caccia alle monete in un parco giochi, l’interazione con un bigliettaio in una stazione spaziale ed una battaglia su un pianeta remoto per conquistare l’accesso al materiale prezioso. Il terapeuta supervisiona le loro attività e interviene prontamente se un giocatore ha qualche difficoltà. “La presenza del terapista è imprescindibile, sia che l’attività sia svolta in presenza o da remoto. Questa supervisione è fondamentale proprio per evitare che i ragazzi vivano male l’esperienza”. Meeva sta sviluppando nuove avventure in maniera da permettere a ciascun terapista di lavorare su diversi obiettivi terapeutici sulla base dei bisogni del gruppo specifico di ragazzi coinvolti.

  • In che modo Meeva è una piattaforma sicura?

Il gioco si svolge da seduti proprio per garantire la massima sicurezza nel movimento dei giocatori. Inoltre un’analisi dei dati cardiaci rilevati tramite i braccialetti segnala al terapista livelli eccessivi di eccitazione o stress da parte dei giocatori durante la sessione. Questo meccanismo permette al terapista di intervenire prontamente col giocatore in difficoltà, attraverso due possibili opzioni: portando il giocatore in uno spazio protetto all’interno della scena in cui rilassarsi staccando dal mini-gioco in cui era coinvolto; se questo passaggio non fosse sufficiente, il terapista può suggerire al ragazzo di togliere il visore VR e abbandonare la sessione immersiva.” La segnalazione dello stato dei giocatori è di fondamentale importanza in setting in cui gli stessi si connettono alla piattaforma da remoto.

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  • In che modo il terapista interagisce con la realtà virtuale? Dal punto di vista tecnologico quali tools offre la piattaforma online? 

Il terapista e i ragazzi possono parlare, interagire e gesticolare tra loro, possono scambiarsi oggetti, possono addirittura salvarsi la vita l’un l’altro! Grazie ad un pannello a disposizione, il terapista può modificare la difficoltà di ciascun minigioco ma anche introdurre degli stimoli visivi o acustici – un’opportunità interessante per rafforzare la tolleranza di questi ragazzi a situazioni che possono essere particolarmente sfidanti per loro.”

  • Meeva è già stata sperimentata? In quali centri?

Meeva è stata inizialmente sperimentata in collaborazione con Cooperativa Albero Blu (Trento) che ha condotto un test di usabilità dell’applicazione VR raccogliendo feedback dai ragazzi e dai terapisti. Un’ulteriore sperimentazione di carattere preclinico è stata successivamente realizzata sia con Albero Blu che con due Centri in Grecia all’interno del progetto XR4A e col supporto scientifico dell’unità di ricerca DHLab di FBK e del laboratorio ODFLab dell’Università di Trento. Grazie a questi test è stato confrontato il miglioramento ottenuto dal gruppo prescelto, che ha utilizzato il visore, con quello del gruppo di controllo. Sempre in ambito sperimentale sono stati sottoposti ai terapisti dei questionari composti da domande standard sul miglioramento dell’interazione sociale dei ragazzi coinvolti”. Melanie racconta che i risultati ottenuti sono molto incoraggianti e sono in fase di elaborazione in vista di una pubblicazione scientifica. “In questi primi mesi del 2023 abbiamo attivato nuove collaborazioni con ulteriori Centri per validare ulteriormente l’efficacia della nostra piattaforma: Cooperativa Helios (Terni), ANFFAS Trento e Cooperativa Autismo Trentino.”  

  • Come funziona l’utilizzo del visore? Chi lo compra e che diffusione ha nel territorio?

Un visore ha un funzionamento molto simile ad uno smartphone: uno store permette l’accesso a numerose applicazioni che possono essere installate facilmente e fruite in realtà virtuale. Il mercato dei visori è in forte crescita in tutto il mondo ma non si tratta ancora di una tecnologia così diffusa, nonostante il loro costo sia comparabile a quello di uno smartphone di fascia media. Stando agli studi di mercato, il forte interesse in questo settore da parte di numerose case produttrici e la disponibilità di un numero crescente di applicazioni dovrebbe portare ad una loro ampia diffusione in tempi brevi sia lato business che consumer.” Elio aggiunge che “come Meeva stiamo valutando l’opzione di offrire il visore in affitto o in comodato per favorirne l’adozione non solo da parte dei Centri ma anche delle famiglie interessate ai vantaggi di accedere ai loro servizi anche da remoto.” 

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Immagine tratta da Meeva

Grazie alla panoramica offerta da Elio, Melanie e Marco risulta evidente come l’impiego di  Meeva, come strumento a supporto dei Centri e dei propri operatori, possa contribuire a migliorare la qualità di vita ad una fascia di ragazzi più debole, offrendo un supporto notevole a loro ed alle famiglie. Grazie alla possibilità di poter essere utilizzata anche da remoto, Meeva ambisce a garantire l’universalità di accesso ai Centri specialistici, costituendo un valido strumento per svolgere percorsi terapeutici decentralizzati su tutto il territorio italiano, e non solo.

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